Ci sono case che non sono state costruite semplicemente per accogliere e proteggere una persona e la sua famiglia, ma per diventarne quasi una estensione fisica, come se i muri e gli oggetti dovessero custodire per sempre una porzione del suo spirito, talmente vasto o speciale da far fatica a restare racchiuso nei confini del solo corpo che gli appartiene. Ho sempre pensato che in queste dimore sia racchiusa l’essenza stessa dell’opera d’arte, perché il loro significato trascende il loro aspetto esteriore per raccontare la complessità interiore non di un solo sentimento, di una sola intuizione, di una sola visione, ma di una intera vita. Osservarle quindi non può limitarsi ad un giudizio estetico (che la loro eccentricità spesso porterebbe ad essere superficialmente impietoso) ma automaticamente proietta nella dimensione del loro creatore, nei suoi sogni, nel suo genio, nelle sue miserie come nei suoi splendori, che essa può raccontare senza pudore.
Nella mia vita ho sempre dato la caccia a queste opere rare, e finisco ogni volta per lasciarmi appassionare dalle loro storie, indissolubilmente intrecciate alle vite straordinarie dei committenti che hanno saputo dato vita a simili progetti: dal Royal Pavillion di Giorgio IV al Vittoriale di Gabriele D’Annunzio, dal Castello di Neuschwanstein di Ludovico II di Baviera alla insuperabile Rocchetta Mattei di Cesare Mattei , ma molto più spesso anche dimore meno note e spettacolari. Il tratto che le accomuna è sempre lo stesso: la completa emancipazione da ogni schema e l’essere intrise di una personalità talmente spiccata da trasformare ogni dettaglio in una propria incarnazione.
Una scoperta relativamente recente è quella di Villa Arabesque, la visionaria creatura messicana del Barone Enrico (detto Ricky) Di Portanova e di sua moglie Sandra Hovas, identificata grazie alle immagini iconoclaste della fotografa messicana Daniela Rossell.
La storia di Arabesque è un affascinante feuilleton la cui fine non è ancora stata scritta, e trovo che meriti un post in più atti – anzi direi quasi un kolossal – per inquadrare l’architettura del luogo nel sogno visionario dell’uomo, e della donna, che l’hanno reso possibile.
PARTE 1 – INTRODUZIONE: I MIRABOLANTI FLUTTI DELLA PERSONALITA’
PARTE 2 – RICKY DI PORTANOVA: SUN, SEX E SPAGHETTI
PARTE 3 – LA CASA DI HOUSTON: PROVE TECNICHE DI MEGALOMANIA
PARTE 4 – VILLA ARABESQUE: IL PALAZZO DEI DESIDERI
PARTE 5 – ACAPULCO BY WINTER: LE IRRIPETIBILI STAGIONI DI VILLA ARABESQUE
PARTE 6 – OGGI: INTERROGATIVI E PROSPETTIVE DI UN OGGETTO ORFANO DI UN EPOCA
Per saperne di più:
- La pagina di wikipedia dedicata a Villa Arabesque
- La pagina di wikipedia dedicata al Barone Enrico Di Portanova
- Il sito ufficiale del Royal Pavillion di Brighton
- Il sito ufficiale del Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera
- Il sito ufficiale del Castello di Neuschwanstein
- Il sito dell’Archivio Museo Cesare Mattei
- Una pagina del blog Impossible Objects ed una di quello di Broad Strokes dove sono pubblicate alcune immagini e alcune interessanti riflessioni a proposito di “Ricas y famosas”, il libro scandalo di Daniela Rossell
- Ancora un articolo, questa volta del Telegraph, che permette di comprendere lo spirito dell’opera di Daniela Rossell
- e naturalmente l’album flickr e il sito di ArtsySF da cui è tratta l’immagine del logo di Arabesque e la foto di Panoramio di Mark Pakal da cui è stata ricavata l’immagine aerea della baia di Acapulco
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