24
gennaio 2012

GOLOSI SORTILEGI

ovvero: come un ben selezionato esercito di artisti-gioiello sia riuscito a racchiudere in un celebre barattolo di amarene 30 sapidi assaggi di pura sindrome di Stendhal
Posted by il 24 gennaio 2012

Non capita tutti i giorni di imbattersi simultaneamente in 30 capolavori. E quando capita è inevitabile rimanerne folgorati. A me è successo stasera, tuffandomi tra le opere del IV Premio Fabbri per l’Arte che mi hanno restituito quella deliziosa sensazione di vertigine che non provavo dalla mia ultima visita alla Gemäldegalerie di Berlino.

Fil rouge (o più precisamente rouge-cerise) delle opere candidate è naturalmente la celebre Amarena Fabbri e la sua simil-preziosa potiche bianca e blu, eterno simbolo della ciliegifera maison bolognese. Un’icona silenziosa, eppure, per un emiliano come me, non meno simbolica di quanto lo possa essere un barattolo di Campbell’s Soup per uno yankee ghiotto di pomodoro concentrato. Non mi sarei aspettato che un soggetto pop come un prodotto da scaffale potesse ancora ispirare vera eccellenza artistica in tanti autori e attraverso tanti linguaggi. Fortunatamente lo ha invece intuito Alberto Agazzani, curatore di questa edizione del premio, che ha selezionato gli artisti con implacabile coerenza, mitigata da sapienti guizzi di eterogeneità.

marcello_grassi_classics_premio_fabbri_per_l_arteSontuoso è il primo aggettivo che mi fiorisce alle labbra per descrivere l’impeccabile florilegio di dipinti, fotografie e opere scultoree candidate al premio. Qualità è invece il primo sostantivo, al punto che tra i 30 lavori mi è difficile sceglierne soltanto alcuni da rivelarvi tra le righe di questo articolo. Eppure, persino in questa inusuale equidistribuzione di talenti, è inevitabile che alcune opere mi abbiano colpito più profondamente di altre. In primis Classics 2011, la fotografia che mi ha fatto scoprire il Premio: un superbo esercizio di perizia cromatica e un’ironica iperbole narrativa in cui ritrovo tutta la sensibilità e l’immediatezza del semplicemente bravissimo (e bravissimo semplicemente) Marcello Grassi che ha scelto di proteggere il vaso Fabbri nella limpida prospettiva della propria innata museofilìa.

giuseppe_guindani_memoria_del_frutto_premio_fabbri_per_l_arteMemoria del frutto di Giuseppe Guindani è un’opera arcana, in cui la curiosità conduce, lungo un tortuoso percorso di ombre, a rivelare piani di lettura imprevisti. Un’allegoria vegetale che ritrova nell’animale e nel suo simile il protagonista.

mauro_davoli_natura_morta_premio_fabbri_per_l_arte

Mi riporta invece all’immobile opulenza di certe opere di Evaristo Baschenis in cui mi perdevo da adolescente, la Natura Morta di Mauro Davoli, fotografo reggiano (ma che imperdonabilmente scopro solo oggi) che ha saputo avvolgere in un’ipnotica carezza di luce caravaggesca il tema apertamente commerciale (raddoppiando l’icona-vaso con una coppa coordinata, indimenticabile reperto di qualche tinello lontano). Un contrasto equilibrato che ne trasfigura il significato. Per me un 10 e lode.

paul_beel_d.i.y._amarena_bangE’ un’esplosione Fabbricentrica l’olio su lino di Paul Beel dal titolo D.I.Y. Amarena Bang, avvincente fin dal primo istante, rivelatrice al secondo sguardo, addictive man mano che la scoperta dei dettagli massonici e lo smarrimento negli occhi del soggetto ne apre infiniti possibili significati.

chiara_albertoni_alchimie_fabbriLontana da ciò che normalmente mi attira, ma proprio per questo doppiamente seducente, Alchimie Fabbri di Chiara Albertoni è un olio su tela dall’incisivo potere fotografico che mi ha trascinato subito nel voluttuoso vortice fetale dell’amarena, ma che più di ogni altra opera delle 30 attendo al varco, ansioso di incontrarla dal vivo alla mostra “Un secolo e 7” che si terrà dal 28 gennaio al 28 febbraio presso l’Accademia delle Belle Arti a Bologna, per ritrovare nell’opera originale l’ardore evocativo e la profondità del movimento che l’immagine digitale riesce solo a suggerire.

roberto_ferri_ebe_premio_fabbri_per_l_arteDelicatamente palindroma la Ebe di Roberto Ferri: un’algida fanciulla che avrebbe fatto furore in un casting di Jan Van Bronckhorst, adagiata su uno sfondo illuminato da William Blake. Basta però cambiare prospettiva per ritrovare tra le sue gambe accavallate il piglio di una pin up anni ’50 in posa per uno scatto pubblicitario: un sottile gioco di equilibri tra arte pura ed opera propagandistica che permette all’artista di scivolare sull’ambigua legge del soggetto Fabbri con colta ironia, mentre abbondanti amarene sgorgano dal proprio vaso come l’ambrosia e il nettare fluivano dai vasi attici tipici dell’iconografia della coppiera degli dei.

mauro_maugliani_enjoy_my_silence_premio_fabbri_per_l_arteMi ha conquistato soltanto al secondo sguardo Enjoy my silence di Mauro Maugliani, quando ho riconosciuto nel velato tatuaggio al collo della modella la texture del vaso Fabbri. Una discrezione che non porta in secondo piano il prodotto, ma che al contrario ne proietta il senso ben oltre l’intensa espressione  sensoriale, con un marchio sottocutaneo capace di dichiararne la completa legittimazione artistica, come i codici a barre che la stessa modella indossa sulla propria pelle nelle altre opere di Maugiani dello stesso periodo, come Dicothomy e Inside me.

giovanni_gasparro_insaziabilità_omaggio_a_witkiewicz_premio_fabbri_per_l_arteInsaziabilità. Omaggio a Witkiewicz  di Giovanni Gasparro è un dipinto che mi ha profondamente colpito. La giara Fabbri, ora vuota, non è che uno degli istanti chiave di una mutazione transtemporale che ha deformato l’Insaziabile, scomponendone l’anatomia in capitoli che la pittura di Gasparro riesce a suturare. La carnalità dell’immagine trova nella gola il fondamento  della propria estasi e della propria vanità, come se nell’invisibile amarena il desiderio ritrovasse la sua forma più irruenta. Chapeau.

david_de_biasio_tricolore_premio_fabbri_per_l_arteNitido e completo il Tricolore di David De Biasio, un olio su lino con la cui virtuosa misura vorrei concludere la mia piccola passeggiata tra le opere a cui ho scelto di affidare il difficile compito di sintetizzare lo spirito del Premio Fabbri.

Davvero difficile rinunciare a mostrarvi Senza Titolo del catanese Alfio Giurato,  oppure  Bianco, esteta, goloso di Edgar Vallora alias Pieter Von Balthasar o ancora I Vasi di Pandora di Roberta Coni, la potente Madonna dell’Amarena di Fabrizio Orsi, la magistrale Giaretta irriverente di Massimo Giannoni e l’atmosfera sospesa di Après l’amour – après Fabbri di Gonzalo Orquìn… senza voler (né poter) far torto a Nicola Bolla, Giorgio Laveri, Gianluca Chiodi, Andrea Boyer, Giuseppe Bombaci, Andrés David Carrara, Marco Cornini, Crash-Toys (Tironi/Yoshida), Affiliati Peducci/Savini, Luigi Benedicenti, Girolamo Ciulla, Lidia Puglioli, Agostino Rocco, Daniela Perego, Giulia Caira.

Mancano solo poche ore al 29 gennaio, giorno in cui la giuria si esprimerà sul nome dei 3 vincitori, uno per categoria (fotografia, pittura, scultura). Confesso che forse resisterò persino alla curiosità di scoprirlo: oggi il vero vincitore sono io, che in questo momento mi sto godendo l’impennata di endorfine che danzano nel mio sangue come baccanti, imbevute di tutte le sfumature e gli spunti di ognuno di questi 30 gioielli d’autore.

premio_fabbri_per_l_arte_francesco_catalanoPer saperne di più:

  • la pagina dell’edizione 2012 del Premio sul sito ufficiale di Fabbri 1905
  • Tutte le opere candidate al premio (e una superflua querelle di commenti) in un articolo di Equilibriarte
  • L’album Facebook di Alberto Agazzani, curatore della mostra, da cui ho catturato le immagini dell’articolo ed in cui troverete tutte le 30 opere (e ne vale davvero la pena)
  • …ma naturalmente il modo migliore resta visitare la mostra “Un secolo e 7” che sarà aperta al pubblico alla Accademia delle Belle Arti di Bologna, in via Belle Arti 54, dal 28 gennaio al 28 febbraio 2012, dalle ore 10.00 alle ore 19.00 …ci vediamo sicuramente lì 😉
Francesco Catalano

Marketing manager per passione, interior designer per natura, blogger e autore per destino, vive tra un villaggio nel sud della Francia e l’Emilia Romagna. Direttore Marketing e Comunicazione di Novoceram, la più antica manifattura ceramica francese, studioso di marketing esperienziale e autore del primo libro sui Temporary Store. Accanto all’attività manageriale, svolge anche quella di interior designer nel suo studio dove applica i principi del marketing esperienziale alla progettazione di interni residenziali e commerciali. I suoi progetti hanno ottenuto numerosi premi e riconoscimenti internazionali, tra cui la prestigiosa Etoile dell’Observeur du Design.
www.francescocatalano.it

2 Responses to “GOLOSI SORTILEGI”

  1. Alberto Catalano

    Poiché credo che non sia a tutti chiaro che cosa sia la « Sindrome di Stendhal », dedico qualche riga a precisarlo.
    La psichiatra fiorentina Graziella Magherini, circa 40 anni fa, ha studiato un centinaio di persone affette da una forma peculiare della già nota « Sindrome del viaggiatore », che ha denominato « Sindrome di Stendhal », perché lo scrittore francese, in occasione della sua visita a Firenze, ne avrebbe sofferto. Il disturbo, forse più noto come « Sindrome di Firenze », in quanto in questa città se ne verificano numerosi casi ogni anno, consiste in un temporaneo, fugace, acuto scompenso psichico , che risparmia i turisti italiani e colpisce solo quelli stranieri, soprattutto se viaggiano senza parenti o amici. Oggi, si ritiene che la Sindrome di Stendhal rappresenti una sorta di transitorio disadattamento indotto in persone sensibili o psicologicamente labili da particolari segnali, stimoli o contesti, espresso da una brusca attivazione affettivo-emozionale negativa, tanto intensa da sopraffare le loro capacità di autocontrollo; questi individui, catapultati nell’arco di poche ore in una città affascinante come Firenze, geograficamente e culturalmente tanto distante dal loro Paese di provenienza, non riescono ad adattarsi immediatamente alla coinvolgente novità del luogo e precipitano in uno stato di dis-stress.
    L’attenzione della Magherini, in quanto medico di un’Astanteria Psichiatrica, si è ovviamente focalizzata sulla forma psicopatologica della reazione alla visita di Firenze, che invece nella maggior parte dei casi è contrassegnata da un ventaglio di sentimenti opposti, decisamente positivi, oscillanti dal puro godimento dei capolavori artistici all’entusiasmo più sfrenato per l’estro dei maestri italiani, talvolta addirittura al desiderio prepotente di non volersene più andare. Anche questa innocua « variante buona » del fenomeno raggiunge spesso un’intensità inusuale, fino a sconfinare nell’incantamento, nell’estasi, nel rapimento estetico. E’ senza alcun dubbio a quest’ultima modalità esperienziale che Francesco fa riferimento!

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    • Francesco Catalano

      Certo!! 😉
      Molto interessante questo approfondimento… in particolare mi colpisce scoprire che i turisti italiani ne siano immuni. Immagino che – a parità di intensi stimoli fiorentini – non trovarsi in un paese straniero escluda per noi una condizione di stress che concorrerebbe all’attivazione emozionale che ci hai spiegato… oppure ci siamo troppo abituati ad essere costantemente circondati dalla bellezza? 😉

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