Chiudi gli occhi.
Immagina di uscire dalla città di Reno (uno dei paradisi del gioco d’azzardo sperduti nel desertico Nevada) nell’ultimo lunedì di agosto di incamminarti per più di 4 ore nel Black Rock Desert. Torrido, sabbioso e completamente piatto fino all’orizzonte.
Immagina adesso di disegnare nella sabbia un cerchio grande come una città, di suddividerlo in una dozzina di settori e di disseminarlo di 35 immense e surreali installazioni artistiche progettate e realizzate da altrettanti gruppi di tutto il mondo, circondate da una miriade di altre opere d’arte indipendenti. Spontanee, brutali, infuocate e selvagge, ma non banali.
Immagina ora di inondarlo di una folla di 60.000 (sessantamila) uomini, donne e bambini provenienti da tutti gli Stati Uniti e da altre 22 nazioni, accomunati dalla devozione al culto della libera espressione. Non avere paura di eccedere nell’eccentricità dei personaggi che la tua fantasia riesce a visualizzare: difficilmente stai sovrastimandone l’entità.
Immagina che ognuno di loro possa dare sfogo per 7 giorni alla propria creatività e al proprio desiderio di libertà espressiva. Ovviamente non dimenticare di alzare il volume delle tue casse al massimo e di lasciare pulsare il ritmo senza paura.
E poi immagina che il primo lunedì di settembre, allo scoccare del Labor Day, un fantoccio antropomorfo al centro della festa venga dato alle fiamme per concludere simbolicamente questa immensa celebrazione, e che in poche ore tutto tornerà a scomparire completamente, inghiottito nella memoria di chi ha potuto partecipare.
Quello che hai immaginato è probabilmente soltanto un piccolo assaggio della realtà del Burning Man 2012, un incredibile festival di arte, musica, danza e stravaganza umana che si sta svolgendo nel Black Rock Desert dal 27 agosto al 3 settembre 2012. Iniziato nel 1986 sulla spiaggia di San Francisco in una scala decisamente ridotta, il festival è riuscito a crescere ogni anno calamitando uomini e donne di ogni età provenienti da ogni parte del pianeta mantenendo la promessa di una kermesse di suggestioni e unione spirituale durante una maratona di 7 giorni che festeggia quest’anno la sua ventiseiesima edizione.
Non è facile comprendere l’atmosfera che si può respirare durante questa settimana, ma non è difficile credere alle parole degli organizzatori, che pongono l’accento sul senso di comunità che si riesce a sviluppare durante l’evento. Immaginarlo come un semplice raduno post-hippy mi pare profondamente riduttivo: da quello che ho potuto capire leggendo le esperienze dei partecipanti sui loro diari disseminati sui social netowork, Burning Man è riuscita a diventare una manifestazione veramente trasversale, che non attira solo habitué di desert-rave e psichedelici nostalgici del love and peace, ma una variegata fauna umana accomunata dalla ricerca di suggestioni molto diverse e distinta da livelli di partecipazione altrettanto stratificati, che spaziano da quello del semplice spettatore a quello di chi anima l’evento con le proprie performance ed installazioni. La scelta stessa di ambientare Burning Man in un deserto non mi sembra soltanto un fattore di fascinazione aggiuntiva, ma anche un meccanismo concreto per rendere più tangibile ed efficace la momentanea disconnessione simbolica con alcune delle regole, delle abitudini e dei confini necessari allo svolgimento della nostra vita sociale quotidiana.
Burning Man infatti non è soltanto una grande festa, ma un ardito esperimento sociale che negli anni è riuscito a costruire intorno a sé una propria cultura, incentrata su 10 principi fondamentali. L’immediatezza dell’esperienza è un momento chiave di creazione di valore nella cultura promossa da Burning Man. Per realizzarla i partecipanti sono invitati ad abbattere le barriere che si frappongono tra le singole persone, e tra queste e la natura. Il decalogo comprende l’idea che chiunque può entrare a far parte di questa grande comunità nel rispetto del valore della convivenza e della collaborazione creativa. Burning Man si impegna infatti a sviluppare una vera etica partecipativa nella convinzione che il cambiamento della persona e della società possa avvenire soltanto attraverso una profonda partecipazione personale. Ogni membro della comunità è quindi invitato a lavorare, ma anche a giocare. Un altro aspetto non secondario per capire lo spirito della festa è la creazione di un’ambiente sociale immune da sponsorizzazioni commerciali, transazioni o influenze pubblicitarie: la comunità è continuamente invitata a proteggere la manifestazione da questo sfruttamento per sostituire il consumo con l’esperienza partecipativa. Last but not least, Burning Man rispetta l’ambiente e si impegna a non lasciare alcuna traccia fisica delle proprie attività sforzandosi di riportare gli spazi in cui si riunisce in uno stato persino migliore di quello in cui sono stati trovati.
Questa filosofia di Burning Man viene declinata ogni anno su nuovi temi. Nel 2012 la scelta degli organizzatori è caduta su“Fertility 2.0“ che ha guidato gli artisti nella realizzazione delle proprie opere, selezionateda un comitato che mi pare abbia le idee molto chiare sull’estetica da imprimere alla manifestazione. Chi mi conosce sa che sono profondamente convinto che la creatività riesca a trovare le migliori fonti di ispirazione quanto più riusciamo ad emanciparci dai nostri gusti personali. Non mi stupisco quindi che il mio emisfero destro sia rimasto sedotto dalle immagini della manifestazione, lontane anni luce da ciò che normalmente mi attira, eppure capaci di accendere tantissime nuove idee e muovere un grande impulso di curiosità verso questa iniziativa.
E nel 2013? Non sono riuscito ancora a scoprire il tema della prossima edizione che verrà ufficialmente annunciato alla fine dell’evento, ma la tentazione di scoprire dal vivo questa esperienza unica è talmente intensa che ho già iniziato a studiare a fondo la survival guide messa a disposizione dagli organizzatori sul sito ufficiale per sopravvivere al festival 🙂
Per saperne di più:
- il sito ufficiale di Burning Man
- la photogallery dedicata all’evento apparsa sul sito di The Guardian da cui ho tratto alcune delle fotografie di Andy e Jin.. che illustrano l’articolo
- Le splendide foto delle passate edizioni di Burning Man sul sito del fotografo Scott London – grande testimone delle ultime 8 edizioni del Festival – da cui ho tratto alcune delle immagini del 2009-2011
- Un articolo molto carino sul blog di fiftyfour dove potrete anche scoprire altre fotografie del festival
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