02
dicembre 2013

TOTEM ARCIMBOLDESCHI

ovvero: come la fotografa Carolina Amoretti e Matteo Abbo abbiano attualizzato la tradizione arcimboldesca con una serie di ritratti dai molti sapori
Posted by il 02 dicembre 2013

Non è scontato che il cognome di un artista giunga a declinarsi in un aggettivo. Se accade è perché unicamente evocando quel nome si può riuscire a esprimere lo stile che quell’artista ha introdotto, talmente innovativo e inconfondibile che prima di lui ancora mancava la parola adatta a descriverlo. Un privilegio che resta appannaggio di pochi grandi, ma che spazia attraverso le epoche sbocciando ogni volta che il linguaggio incontra un’arte per cui nessun aggettivo esistente è sufficiente, dai pittori rinascimentali ai cineasti contemporanei: una luce caravaggesca, un gesto michelangiolesco, ma anche un’atmosfera felliniana o un décor viscontiano.

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Giuseppe Arcimboldo è uno di questi pochi eletti a fronte della cui originalità si è rivelato indispensabile accordare l’aggettivo “arcimboldesco”. Il geniale pittore lombardo ci lasciato un’eredità artistica, tanto scarna nel numero quanto straordinaria nella fantasia, principalmente costituita dalle famose “Teste Composte”: fisionomie grottesche costruite assemblando forme viventi e oggetti che sostituendosi ai tratti anatomici dei soggetti ritratti danno forma a rappresentazioni immaginifiche e simboliche di persone o concetti astratti (come le allegorie delle 4 stagioni e dei 4 elementi della cosmologia aristotelica che rimangono probabilmente i suoi dipinti più celebri).

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L’immaginario visivo arcimboldesco ha contagiato molti artisti nei secoli successivi e stimola anche oggi i creativi contemporanei che continuano a citare le sue invenzioni nella loro opera (ad esempio, nella campagna pubblicitaria Caribbean Creation realizzata dall’agenzia Marcel Paris per il rhum Malibu, di cui avevo parlato in uno dei primissimi post di questo blog). Arcimboldo è probabilmente uno dei primi artisti che ho imparato a riconoscere, e credo che le ore spese  da bambino ad analizzare i dettagli delle sue opere abbiano contribuito alla mia formazione e alla costruzione della mia estetica personale. Per questo ho deciso di inaugurare su Pinterest una collezione intitolata “Arcimboldesque” dove raccogliere opere che riprendono la tecnica espressiva delle “teste composte”. E’ così che ho scoperto i totem della giovane fotografa Carolina Amoretti e Matteo Abbo, che  hanno costruito decine di volti combinando frutta, verdura, pasta e oggetti diversi .

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I volti di pasta nati per il progetto Totem sono anche stati esposti nell’ambito di Casa Barilla (tour itinerante per l’Italia dedicato alla cucina e al piacere di stare insieme), all’interno della mostra fotografica ‘Di che pasta sei fatto?’, frutto della collaborazione tra Barilla e Istituto Italiano di Fotografia (IIF). Settanta studenti hanno partecipato al concorso fotografico con l’obiettivo di rappresentare il mondo della pasta non solo come simbolo della tradizione, ma anche come fonte di nuove interpretazioni.

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L’avventura dei totem però non finisce qui: le immagini sono diventate infatti il punto di partenza della linea di abbigliamento ToThem fondata nel 2012 da Andrea Buglione in collaborazione con Carolina Amoretti e Matteo Abbo, che si definisce “una casa di moda sostenitrice di uno stile neo esibizionista, mirata al trasferimento su tessuto di composizioni fotografiche d’autore”. Sono nati così nuovi soggetti, stampati su raso e jersey, ispirati a frutti e fiori (rispettivamente per la linea uomo Roots e la linea donna Flos) e poi ancora altri ispirati a cristalli, coralli, pietre preziose e poliedri astratti (per le nuove linee Shiny e Dub).

carolina-amoretti-tothem-roots-3carolina-amoretti-tothem-flos-1Per saperne di più:

Francesco Catalano

Marketing manager per passione, interior designer per natura, blogger e autore per destino, vive tra un villaggio nel sud della Francia e l’Emilia Romagna. Direttore Marketing e Comunicazione di Novoceram, la più antica manifattura ceramica francese, studioso di marketing esperienziale e autore del primo libro sui Temporary Store. Accanto all’attività manageriale, svolge anche quella di interior designer nel suo studio dove applica i principi del marketing esperienziale alla progettazione di interni residenziali e commerciali. I suoi progetti hanno ottenuto numerosi premi e riconoscimenti internazionali, tra cui la prestigiosa Etoile dell’Observeur du Design.
www.francescocatalano.it

5 Responses to “TOTEM ARCIMBOLDESCHI”

  1. Alberto Catalano

    Le opere di C. Amoretti & M. Abbo – formalmente perfette come “equivalenti totemici” – mi suggeriscono qualche considerazione.
    Le “Teste composte” di G. Arcimboldi sono composizioni di stile equivoco, tra il grottesco ed il burlesco, e di aspetto così fresco ed immediato da evocare una sorta di arcana reviviscenza vegetale che a me incute inquietudine, ad altri anche disgusto o repulsione. Personalmente, vedo dunque uno spirito assai differente tra la pseudo-surreale ritrattistica arcimboldiana, da un lato, e le colte, eleganti, modernissime immagini dei due fotografi, dall’altro lato, peraltro cariche di una evidente seppur sottintesa, sottile critica verso l’ispiratore.
    Le immagini totemiche di C. Amoretti & M. Abbo sono, a mio parere, assai più vicine alle splendide nature morte fotografiche di Edward Weston; le opere di questo artista americano, attivo nella prima metà del secolo scorso nel sud degli USA, rivelano un potenziale espressivo così intenso da fare dimenticare che sono rigorosamente in B&N. Intendo qui richiamare i famosissimi “peperoni”, le foglie di verze, gli spaccati di cavoli, etc. che offrono una documentazione precisa e convincente della filosofia artistica di Edward Weston e degli altri fotografi del Gruppo F/64 (tra i quali è forse più noto Ansel Adams). Questi innovatori respingevano le sdolcinature dei fotografi pittorici in voga all’epoca, alle quali contrapponevano il realismo di immagini perfettamente a fuoco e stampate accuratissimamente. In particolare, Edward Weston sosteneva che qualsiasi immagine fotografica avente pretese artistiche dovrebbe tradurre la visione interiore che l’operatore si fa dell’oggetto ritratto, quasi una sorta di trasfigurazione; la sua abilità di metaforizzazione di oggetti comuni o banali – come i già citati ortaggi ed anche alberi, rocce, conchiglie, funghi, vecchie macchine – (e di astrarli fino quasi alla sublimazione) rappresenta probabilmente uno dei risultati più alti della ricerca fotografica.

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    • Francesco Catalano

      Caro Mario, i tuoi commenti e i tuoi interventi sono sempre graditissimi… stavolta poi è un vero onore leggere che hai ripubblicato una preview dell’articolo sul tuo blog. In effetti le immagini di Carolina Amoretti non potevano lasciare indifferenza un esteta come te 😉 Grazie, e a presto!

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    • Francesco Catalano

      Grazie a te, Cristina. E’ molto interessante il lavoro sulla metafora in cui hai usato le immagini del nostro post …ed è un piacere perdersi tra le tante pagine del tuo blog, dense di scoperte… in particolare la sezione dedicata alle favole, veramente piena di spunti originali. Complimenti a te! A presto!

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