Certe volte può bastare un minuto di anticipo su un appuntamento qualunque per scoprire una nuova ispirazione. Mi è successo l’altra mattina a Parigi, mentre aspettavo uno sconosciuto agente immobiliare proprio davanti al Musée Carnavalet per visitare una location nel Marais dove ambientare il nuovo evento-gioiello che sto progettando per Novoceram. Mentre trotterellavo sul marciapiede, i miei occhi ancora semichiusi (ho parlato di mattina mentre in realtà era appena sfumata l’aurora) hanno intercettato la locandina di una mostra di Karen Knorr che raffigura una volpe intenta a discutere con un volatile su una sontuosa dormeuse settecentesca, ambientata in una sala del museo.
Malauguratamente non avevo neppure il tempo per una sbirciatina: quando il museo avrebbe aperto le sue porte la mia tabella di marcia prevedeva che sarei stato già proiettato all’estremo opposto di Lutetia, sulle tracce di un’altra location… ma quando la sera sono rientrato a casa, mi sono immediatamente immerso nel web per scoprire qualcosa di più su questa interessante fotografa angloamericana, che a dispetto dell’aroma greve di brodo liofilizzato emanato dal suo cognome, ha invece scelto di celebrare nelle sue opere una idea estremamente fresca e visionaria della natura, in particolare del regno animale.
Nella collezione Fables l’artista mette in scena un bestiario variegato che si impossessa con spontaneità e curiosità dei luoghi sacri della cultura umana, trovandovisi perfettamente a proprio agio: lepri e tartarughe sguinzagliate per le sale del Musée Carnavalet, ma anche giraffe comodamente acciambellate nel foyer del Castello di Chantilly o ancora cervi che battagliano negli ambienti scarlatti del Castello di Chambord e cicogne che passeggiano indisturbate nelle stanza della leggendaria Villa Savoye disegnata da Le Corbusier nel 1929.
Sono intrusi tanto pacifici e spontanei quanto destabilizzanti, anche se grazie al respiro delle inquadrature ed alla purezza della luce l’effetto di sorpresa riesce a non sconfinare nel disagio per l’invasione, e a non aprire prospettive inquietanti a fronte degli inevitabili dubbi sollevati dall’assenza dell’uomo.
Solo ad un primo sguardo Karen Knorr sembra narrare una realtà che assomiglia ad una favola. In effetti le sue fotografie ne ribaltano il fondamento classico, secondo cui l’animale era metafora di un comportamento o di una debolezza umana. La fauna profanatrice diventa invece testimonial di una scommessa personale dell’autrice sulla contrapposizione tra natura e cultura, che accanto alla seduzione estetica lascia nell’osservatore una serie di interrogativi più profondi (da consumarsi rigorosamente freddi, a qualche giorno dalla visione delle opere).
Karen Knorr probabilmente non è la più brava esperta di fotoinserimento che io conosca, ma anche se qualche ombra inopportuna rivela talora l’ingenuità del suo trucco digitale, l’effetto finale riesce sempre a trasportare l’osservatore nella dimensione onirica e surreale in cui l’opera voleva condurlo, al punto che il difetto tecnico si direbbe quasi un vezzo dell’artista per mettere alla prova l’efficacia della sua magia visiva, anche quando un difetto rivela la finzione del set.
Karen Knorr è nata a Francoforte ma ha vissuto a Puerto Rico, prima di concludere la sua formazione a Parigi e a Londra. Oggi insegna Fotografia all’University College of Creative Arts di Farnham.
“Karen Knorr, Fables – Photographies”
Dal 9 febbraio 2010 al 30 maggio 2010
Ingresso libero.
Musée Carnavalet
23 rue de Sévigné
75003 Paris
Tel. +33 (0)1 44 59 58 58
Per saperne di più:
– il sito ufficiale di Karen Knorr da cui sono tratte tutte le immagini dell’articolo
– la pagina web ufficiale del Museo Carnavalet
– un articolo sulla mostra di Karen Knorr al Musée de la Chasse et de la Nature nel 2008
Photomontages très poétiques incroyables de réalisme ! Adoro veramente tanto il concetto!