21
marzo 2016

UNA BELLA NOTIZIA

ovvero: come la laurea di Gianluca, Giusi, Pablo e tanti altri, dimostri come la sindrome di Down non possa frenare la voglia di sapere e la capacità di vivere.
Posted by il 21 marzo 2016

Penso spesso di non essere stato programmato per cogliere troppo le cosiddette “diversità” delle persone che incontro e conosco. Quelle a cui sono più impermeabile sono probabilmente gli handicap fisici (non chiedetemi di chiamarli disabilità, visto che i miei amici con handicap sono tutti abilissimi): non solo non mi imbarazzano minimamente, ma spesso non me ne accorgo, e se me ne accorgo non li considero né più né meno del colore degli occhi nel farmi un’idea della persona che ho di fronte, ricordandomene solo nel momento in cui un aspetto pratico mi spinge a tenere conto. C’è un handicap però verso cui anche io non sono neutrale: si chiama Sindrome di Down o Trisomia 21. Fin da bambino sono sempre stato prevenuto positivamente verso chi la ha, e prima ancora di conoscerlo o di conoscerla tendo ad aspettarmi che sia una persona più affettuosa, autentica e amabile. E per il resto non tanto diversa da me o da chi quella sindrome non ce l’ha, visto che da molti anni ho scoperto che chi la presenta può raggiungere un quoziente intellettivo che rientra nei range statisticamente riscontrati tra le persone con un assetto cromosomico comune.

Il poster della Giornata mondiale della Sindrome di Down - Carefully selected by GORGONIA www.gorgonia.it

Certo, anche questo è un pregiudizio, e se lo sapesse Fabia Timaco, ambasciatrice del progetto Fable per Open Biomedical Initiative, temo che mi sgriderebbe un po’. Nel suo ultimo intervento al TED 2015 che si è svolto sul Lago di Como, Fabia ha espresso molto bene un concetto che anche io condivido: l’errore di chiamare “speciali” i bambini nati con qualcosa di diverso, poiché la vera aspirazione di questi bambini non è essere considerati migliori per quella sola differenza, ma semplicemente che questo fattore non sia al centro della percezione che gli altri hanno di loro. Ed essere semmai considerati speciali, conoscendoli, per quello per cui lo sono veramente. (Fabia ad esempio è focomelica, credo…, ma se la ho trovata subito speciale è stato per la sua voce bellissima o per il suo entusiasmo, ben più che per la sua manina un po’ più piccola della mia).

“Mi dicevano che ero una bambina speciale, e io non capivo il perché. Cosa avevo di diverso dagli altri bimbi che andavano a scuola come me, che giocavano come me, che ridevano come me. Non ero affatto speciale, se non guardavi quello che mancava…eppure mi veniva detto. In quelle circostanze è sinonimo di poverina. Quando la paura non supera l’incontro.”

Io però per le persone sindrome di Down ho sempre avuto un debole, e – Fabia non me ne vorrà – le ho sempre pensate davvero un po’ speciali, nella loro normalità. Speciali per una non comune capacità di esprimere i propri sentimenti, una spontaneità e una simpatia che nella mia ignoranza delle leggi della genetica ho sempre attribuito a quel cromosoma in più, che non a caso molti chiamano “il cromosoma della felicità”. Sarà un pregiudizio, non lo nego, ma devo ancora incontrare il ragazzo Down o la ragazza Down che mi dia motivi di smentirlo.

LA SINDROME DI DOWN O TRISOMIA 21

La sindrome di Down (detta anche Trisomia 21) non è altro che una condizione cromosomica che ognuno di noi potenzialmente poteva trovarsi alla nascita, caratterizzata dalla presenza nel patrimonio genetico di tre copie del cromosoma 21 (o di sue parti) anziché due. Questo assetto si associa solitamente a un ritardo più o meno accentuato di certe capacità cognitive e dello sviluppo fisico della persona e a un particolare insieme di caratteristiche del corpo e del viso che le valsero in passato l’antipatico appellativo di mongoloidismo derivato da una erronea teoria etnica ipotizzata nel 1866 dallo stesso John Langdon Down (che diede il nome alla sindrome) e che già nel 1961 certi genetisti definirono “una locuzione imbarazzante” finché l’OMS la cancellò nel 1965.

Una bambina con Sindrome di Down balla felice nel video "Somos Feliz" - Carefully selected by GORGONIA www.gorgonia.it

LA LAUREA DI GIANLUCA SPAZIANI

Ma perché – vi domanderete – in un blog che di solito affronta temi di altro tipo, mi è saltato in mente di parlare di Trisomia 21? Non è solo perché oggi si celebra, come ogni 21 marzo, la Giornata Mondiale della Sindrome di Down, ma piuttosto perché in questi giorni ho letto una notizia che mi ha fatto molto piacere e che mi piacerebbe far conoscere a tutte le persone che conosco (o almeno quelle che mi leggono qui), soprattutto a quelle che ancora pensano a un ragazzo Down come a un mongoloide da trattare come un bambino per tutta la vita, a una persona destinata ad una esistenza diversa dalla nostra perché – poverino – certe cose non le potrà mai fare. Niente di più sbagliato.

Gianluca Spaziani, ragazzo affetto da sindrome di Down laureato in Lettere all'Università di Palermo

Gianluca Spaziani durante la sua laurea. Photocredits: Petyx Palermo

La storia di cui voglio parlare è molto semplice: qualche giorno fa Gianluca Spaziani, un ragazzo con sindrome di Down, si è laureato in Lettere all’Università di Palermo. Fine della storia. E’ una storia normale, se proprio vogliamo ancora usare questa parola, come normali mi aspetto siano state le sue giornate di studio, simili alle mie alla sua età, e a quelle di tutti i suoi compagni di università che di cromosomi ne hanno uno in meno di lui.
Gianluca si è laureato con la votazione di 105 su 110 con una tesi sulla “Riscrittura del tragico in Pasolini – Una lettura ‘corsara’ sulla Medea di Euripide” riuscendo perfettamente a “coniugare la sua personale passione per il teatro e le competenze attese per un laureato in Lettere“, come afferma il rettore Fabrizio Micari, sgombrando il campo a chi possa aver pensato che il percorso di Gianluca sia stato sostanzialmente diverso da quello di qualunque altro studente.

Gianluca Spaziani, ragazzo affetto da sindrome di Down laureato in Lettere all'Università di Palermo

Gianluca Spaziani mostra i suo libretto universitario poco prima della laurea

Quella di Gianluca è una storia che ha qualcosa da insegnare a chi ancora pensa che la Sindrome di Down debba essere necessariamente un limite, e alle famiglie che hanno scoperto di avere un figlio Down e non avendo mai avuto prima occasione di conoscerla sono impauriti perché non sanno cosa li aspetti. Come conferma anche la mamma di Gianluca, Mariella Amore, che ha commentato così la laurea:

“Appena nato non avremmo mai pensato che tutto ciò fosse possibile. Credevamo che il suo sarebbe stato un futuro di sacrifici, di esclusione. E invece nulla di tutto ciò. Gianluca ha sempre smontato queste nostre paure passo dopo passo, dimostrando di volersi mettere in gioco e cercare la propria indipendenza”.

ALTRI RAGAZZI DOWN LAUREATI

A chi sta già pensando che quello di Gianluca sia un episodio isolato e non rappresentativo, voglio ricordare che il Dott. Spaziani non è il primo ragazzo a cui la sindrome di Down non ha impedito di completare con successo gli studi universitari. Basta leggere il primo commento all’articolo su Repubblica Palermo che ne dà notizia, per scoprire che mentre Gianluca conclude il suo percorso c’è già Carmelo che esame dopo esame si avvicina alla laurea, mentre nel 2011 nello stesso ateneo palermitano si è laureata anche Giusi Spagnolo, la prima donna con sindrome di Down a raggiungere questo traguardo in Italia. Prima di lei ci erano già riusciti Andrea Brambilla, che nel 2005 coronò i suoi studi universitari alla Statale di Milano, o ancora Pablo Pineda, laureato in psicopedagogia in Spagna, che oggi è attore, scrittore, conferenziere e maître à penser. E se non siete così convinti che un laureato Down possa essere davvero capace di elaborare ed esprimere concetti complessi come qualunque altro laureato, allora concedetevi qualche minuto per ascolta Pablo o per leggere ciò che scrive.

Un’altra storia che merita di essere scoperta è quella di Luigi Fantinelli, studente alla facoltà Scienze della Formazione di Bologna, primo ragazzo Down a vincere 22 anni la borsa di studio per l’Università di Murcia, in Spagna, grazie al progetto Erasmus. Oggi Luigi lavora, viaggia, vive da solo, ed è fidanzato con Mariangela Lerario, che in barba alla sindrome di Down si è diplomata con lode. La sua storia è raccontata in un documentario dal titolo emblematico “Ci provo“, che consiglio a tutti, e di cui si può vedere un breve estratto in questo trailer:

FOTOGRAFARE LA SINDROME DI DOWN

Tutto questo dimostra ancora una volta quanto sia sbagliato pensare che nel 2016 un cromosoma in più possa ancora condizionare le prospettive e la qualità di vita di una persona. Per completare con realismo l’entusiasmo di questa splendida notizia è giusto riportare anche la voce di Sabrina Lo Brutto, che accanto all’ottimismo per Gianluca ha avuto il coraggio di ricordare i tanti problemi che ancora incontrano i genitori di figli affetti da Sindrome di Down: la difficoltà ad accedere alle ore di sostegno previste dalla legge, gli ostacoli per iscriverli alle attività sportive, o semplicemente l’impazienza delle persone in fila alla cassa quando un giovane ragazzo Down deve imparare a pagare.
Dopo aver letto le parole di Sabrina ho deciso di entrare più a fondo nell’argomento e di dare più rilievo a questo tema anche sul mio blog aggiungendo la mia piccola goccina alle tante altre che ho visto nel mare della rete. Ho scelto di iniziare dalla prospettiva più vicina ai temi di cui mi occupo qui: la fotografia. Se avete voglia di seguirmi in questo mondo scoprirete il lavoro di tre eccellenti fotografi che hanno saputo esaltare la gioia e la spontaneità delle persone Down rivelando la loro capacità di vivere una vita piena e felice.

C’è Alan Lawrence, che con il progetto “Wil can fly” immortala il suo quintogenito William mentre vola, per ricordare a lui e a chi incontrerà nel suo cammino che anche un bambino Down può volare, e scegliere di arricchire la propria vita di tante conquiste non facili ma possibili, come la laurea di Gianluca, che in passato non si credevano alla sua portata. C’è Sigga Ella che ha raccolto nella sua serie “First and foremost I am” una incredibile collezione di volti di uomini e donne Down che lasciano intuire che a renderli speciali non è il loro corredo cromosomico ma quello che sono diventati, e che traspare dai loro sguardi, ognuno traboccante di una propria personalità. Sono immagini che dimostrano come un’altra cosa che è cambiata sia l’aspettativa di vita, un tempo più bassa a causa delle cardiopatie congenite, o della maggiore incidenza di malattie gastrointestinali o disfunzioni alla tiroide che tipicamente si accompagnano a questa condizione cromosomica. Ora invece non è raro che un giovane con sindrome di Down abbia il tempo di diventare anziano, come la zia del mio amico Davo che si avvicina spavalda alla metà del suo sesto decennio, oppure come “Micheal“, che ancora anziano non è, ma nemmeno così lontano dal diventarlo, che vedete nelle foto del terzo fotogafo che ho scelto: Rick Ashley.

CONCLUSIONE

E’ anche per Sabrina e per il suo Giovanni che spero che questo post invecchi presto, che rileggendolo tra pochissimi anni lo troveremo inutile, fuori luogo, superato da tanti altri ragazzi come Gianluca per cui laurearsi non farà più notizia, ma soprattutto per cui l’autonomia e l’integrazione nel mondo del lavoro saranno diventati scontati. Spero che a 12 anni Wil non avrà bisogno di un amico come Rick per distrarsi dagli sguardi sbagliati di chi lo incrocerà per strada, perché mi aspetto che verrà accolto con la stessa indifferenza o con la stessa attenzione che riceverebbe senza quel cromosoma in più.
Sono certo che quel giorno sia vicinissimo.

Per saperne di più:

Francesco Catalano

Marketing manager per passione, interior designer per natura, blogger e autore per destino, vive tra un villaggio nel sud della Francia e l’Emilia Romagna. Direttore Marketing e Comunicazione di Novoceram, la più antica manifattura ceramica francese, studioso di marketing esperienziale e autore del primo libro sui Temporary Store. Accanto all’attività manageriale, svolge anche quella di interior designer nel suo studio dove applica i principi del marketing esperienziale alla progettazione di interni residenziali e commerciali. I suoi progetti hanno ottenuto numerosi premi e riconoscimenti internazionali, tra cui la prestigiosa Etoile dell’Observeur du Design.
www.francescocatalano.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *