29
dicembre 2010

TU CHIAMALE, SE VUOI, EMOZIONI DEL CONSUMO

ovvero: come un recente studio del Cermes abbia dimostrato che una stimolante esperienza di shopping possa toccare ognuna delle tre componenti emozionali del consumatore
Posted by il 29 dicembre 2010

La ricerca della gioia è, in generale, la chimera della nostra società, addirittura un diritto, almeno secondo la Dichiarazione di indipendenza americana. E se da un lato ci può far sorridere lo spazio dedicato nelle librerie ai manuali che ci istruiscono sul raggiungimento della felicità, dall’altro, quantomeno come studiosi di marketing, non possiamo non interrogarci seriamente su questi clamorosi successi editoriali e su che cosa ci renda felici o tristi.

Un curioso e macabro articolo del Sole24Ore, alcune settimane fa, riportava i costi economici delle forme patologiche della tristezza in Giappone: suicidi e perdite di lavoro legate alla malattia varrebbero quanto una manovra di stimolo fiscale. Aziendalisti ed economisti che si interrogano, perplessi, sulla rilevanza delle variabili emotive in ambito economico, dovrebbero superare le prime diffidenze di fronte alla perdita di 300 miliardi di euro sostenuta dall’economia giapponese negli ultimi 12 anni causata proprio dalla malattia della depressione. Il governo giapponese è corso ai ripari varando una task force di prevenzione della malattia, misure preventive che coinvolgono anche le leve di marketing!  È stata pianificata, infatti, una campagna di comunicazione interpretata da un testimonial celebre: Kengo Nakamura, amato centrocampista del Kawasaki Frontale.

Se è vero (e la ricerca scientifica lo dimostra) che i soldi e il materialismo non comprano la felicità, è anche vero che ciò che ci rende felici, tipicamente le attività creative individuali e le relazioni con gli altri, sono pervase dalla dimensione del consumo. Con riferimento alle seconde, un recente studio condotto negli Usa sostiene che fra i momenti più gioiosi della giornata, rientrino le occasioni di socializzazione extralavorative, come può essere proprio la visione collettiva di una partita di calcio.

La felicità può poi risiedere nell’attività in sé, piuttosto che nel raggiungimento di un obiettivo e, in particolare, nell’attività individuale di immersione in un processo creativo. Ci sentiamo felici quando riusciamo a realizzare noi stessi in un’attività che ci esprime appieno. L’esecuzione di una coreografia per un’appassionata di danza, la preparazione di un piatto prelibato per un gourmet, la stesura di un libro o l’interpretazione di un brano musicale possono rappresentare momenti felici per chi si cimenta in queste attività. Lo psicologo ungherese Mihaly Csikszentmihalyi ha definito ‘flow’ questo stato di totale immersione che accompagna l’attività creativa, l’espressione di un talento piuttosto che l’esecuzione di un compito sfidante: in questo senso la felicità può essere considerata come la prima conseguenza di questo stato di immersione.

Tali occasioni di condivisione e di realizzazione personale non prescindono, quindi, da una dimensione di consumo. Un’esperienza di acquisto o di consumo connotata da forti emozioni positive non fa solo la felicità del cliente, ma anche quella delle imprese che la promuovono. Una recente ricerca intersettoriale realizzata all’interno del CERMES (il Centro di Ricerca su Marketing e Servizi dell’Università Bocconi di Milano) con Enrico Valdani e Lia Zarantonello, che ha previsto il coinvolgimento di 32 realtà aziendali, ha dimostrato come la realizzazione di una dimensione esperienziale generi una relazione di fiducia fra i clienti e le imprese che l’hanno sostenuta.  Lo studio ha verificato il modello ExTra (Experience&Trust), ideato dai ricercatori per indagare la relazione fra customer experience  e fiducia, con delle ricerche su determinati siti web di e-commerce (tramite 725 questionari su 12 siti) e punti vendita (tramite 681 interviste su negozi di 12 marche). I risultati illustrano come una  gestione studiata dei diversi stimoli ambientali (ad esempio, una vetrina originale, la realizzazione di un temporary store, un category management ben pianificato o l’uso di immagini coinvolgenti su un sito web) alimenti le tre diverse componenti emozionali: ‘pleasure’ (la piacevolezza dell’atmosfera di un punto vendita o sito), ‘arousal’ (il grado di coinvolgimento vissuto dal visitatore) e ‘dominance’ (il controllo del visitatore sull’ambiente). Pensate, ad esempio, al livello di ‘pleasure’ e ‘arousal’ che può attivare nei visitatori il lussurioso ed irresistibile soffitto grondante di cioccolata del Flagship Store di Godiva a Tokyo, raccontato da Francesco in un precedente articolo del blog, oppure le opulente vetrine “Noël au château” realizzate nei grandi magazzini Printemps di Parigi in occasione del Natale 2010, presentate nelle immagini e nei video di questo articolo.

Il modello ExTra, evidenzia inoltre, come le varie dimensioni emozionali favoriscano la creazione di una relazione di fiducia tra cliente e impresa.  E tale relazione di fiducia genera, poi, la fedeltà del cliente alla marca. Le diverse realtà imprenditoriali, attraverso una pianificata gestione degli stimoli ambientali, possono differenziarsi  generando diverse tipologie di esperienza, ossia puntando maggiormente sulla piacevolezza, sul coinvolgimento oppure rassicurando il potenziale cliente. Tutte le emozioni  positive vissute dal cliente,  non solo il suo livello di soddisfazione, sono quindi potenti determinanti dei comportamenti post-acquisto favorevoli all’impresa e, in particolare, della sua fedeltà cognitiva.

Così, un management accorto, ma cauto nel ricorso persuasorio delle leve di marketing, ed un cliente consapevole possono divenire felicemente complici di un’esperienza di acquisto e di consumo memorabile.

Per saperne di più:

  • l’articolo del Sole 24 ore citato nel testo
  • un link per comprendere meglio il modello PAD di Mehrabian & Russell, a cui fanno riferimento le ricerche di Enrico Valdani e Lia Zarantonello (…coming soon…)
  • una sintetica presentazione del libro Emozioni & Consumo di Isabella Soscia, dove riprendere ed approfondire l’argomento
  • il blog e la photogallery di Cyril Abbas, il blog e la photogallery di Le Journal des vitrines, e la pagina flickr di Marjolijn da cui sono tratte le immagini che accompagnano l’articolo, dedicate alle vetrine “Noël au Château” realizzate per il Natale 2010 nel grande magazzino parigino Printemps di Boulevard Haussmann
Isabella Soscia

Isabella Soscia

Isabella Soscia è Ph.D. in Economia aziendale e Management presso l’Università Bocconi di Milano, dove è stata Assistant Professor. Oggi è Associate Professor presso SKEMA Business School, Sophia Antipolis (France) e docente di marketing SDA Bocconi. I suoi studi sono rivolti al comportamento del consumatore, è autrice di numerose pubblicazioni nazionali ed internazionali e del libro "Emozioni & Consumo".

4 Responses to “TU CHIAMALE, SE VUOI, EMOZIONI DEL CONSUMO”

  1. Alberto Catalano

    Il post mi suggerisce una osservazione sulle differenze di accezione di uno stesso termine a seconda dell’ambito di studio nel quale è impiegato. Il vocabolo qui preso in consederazione è AROUSAL, che – in questo contesto – è definito « componente emozionale », mentre, in Psicologia e in Psichiatria, significa « attitudine generale di sorveglianza e/o di reattività agli stimoli ». In Psicologia Positiva – specifico campo di ricerca di M.Csikszentmihalyi – arousal descrive la risposta di (iper-)vigilanza di fronte a una difficile sfida operativa (« challenge »), per la quale si dispone di una mediocre competenza (« skill »). Sono abbastanza recenti alcuni usi idiomatici del termine, come per esempio « sexual arousal ».

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    • Isabella

      Grazie per il commento e la precisazione!

      AROUSAL è un termine che il marketing ha preso in prestito (e forse reinterpretato) dalla psicologia ambientale. Tale proposta è stata formulata da Donovan e Rossiter che riconducono all’arousal tutte le emozioni caratterizzate da uno stato di iper-vigilanza (ad esempio, la sorpresa ma non la soddisfazione).

      Donovan, R.J., Rossiter, R. (1982), Store Atmosphere: An Environmental Psychology Approach, ,in “Journal of Retailing”, 58, pp.34-57.

      Il suo commento mi ha suscitato la curiosità, a questo punto, di recuperare la fonte a cui si sono ispirati Donovan e Rossiter: Mehrabian, A., and Russell, J.A. (1974), An Approach to Environmental Psychology, MIT Press, Cambridge, MA.
      Vorrei, infatti, verificare il senso originario e preciso attribuito al termine da questi psicologi ambientali.

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  2. Alberto Catalano

    Il termine FLOW (in italiano « flusso ») – adottato da M. Csikszentmihalyi per denominare una peculiare esperienza di felicità – può apparire improprio di primo acchito; a me sembra, invece, azzeccato, in quanto traduce bene lo scorrere piacevolmente facile, sciolto, spedito, di pensiero e azione quando un soggetto viene completamente assorbito da un’attività di suo pieno gradimento, cosicché il tempo dedicato letteralmente vola via, mentre viene temporaneamente scotomizzato tutto quanto è estraneo alla performance, compresa la soddisfazione dei bisogni biologici elementari. Questa peculiare condizione si presenta solamente quando le proprie abilità e competenze sono tali da consentire eccellenti risultati senza sforzo; lo stato di flow, pertanto, non è innescato da compiti/adempimenti nè troppo facili nè troppo difficili, ma si genera quando si combinano insieme livelli medio-alti di « challenge » (sfida/difficoltà stimolante) e di « skill » (capacità/perizia per risolvere il problema). Da quanto detto, si evince che l’esperienza di flow può riguardare qualsiasi attività, sia di svago che di lavoro.

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  3. Attilio Sarzi Sartori

    In psicologia cognitva arousal è definito come il livello di attivazione dell’ organismo. Secondo Berlyne (Struttura e orientamento del pensiero, 1971) l’arousal definisce una delle dimensioni dell’ esperienza emotiva. Il livello di arousal è associato all’intensità con il quale un’emozione viene esperita indipendentemente dal tipo di emozione. La capacità di accrescere l’ arousal è la definizione del potenziale di arousal di uno stimolo.

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