Secondo il mito tramandato dal poeta Esiodo, Zeus donò un vaso a Pandora raccomandandole di non aprirlo. Pandora, che purtroppo era molto curiosa, scoperchiò invece il vaso liberando così tutti i mali del mondo. Sul fondo del vaso rimase soltanto la speranza, che non fece in tempo ad allontanarsi prima che il vaso venisse chiuso di nuovo. L’umanità, che fino a quel momento aveva vissuto libera da dispiaceri, dopo l’apertura del vaso fu condannata a vivere in un mondo desolato e triste. Questo stato di infelicità perdurò fino a quando Pandora non aprì nuovamente il vaso per far uscire anche la speranza.
Oggi però, ai consumatori moderni, è lecito domandarsi se la speranza sia effettivamente da considerarsi la salvezza da tutti i mali o, piuttosto, l’ultimo demone. La speranza è un’emozione prossima alla gioia ed è di fondamentale importanza per le pratiche di marketing. Esistono, infatti, settori, quali quello farmaceutico e cosmetico, che fondano la loro esistenza su questa unica risorsa immateriale. I marketing manager più avveduti ne sono assolutamente consapevoli e, a questo riguardo, è celebre la dichiarazione del fondatore di Revlon che sostiene: “In fabbrica produciamo cosmetici, in profumeria vendiamo speranza”. Diversi momenti di consumo, come il gioco del Lotto o in Borsa, sono fortemente connotati da questa emozione. Secondo la prospettiva cognitivista, la speranza è un’emozione a valenza positiva che trova i suoi antecedenti cognitivi, come la gioia, nella rilevanza e desiderabilità del risultato, ma, a differenza della felicità, anche nell’incertezza: l’accadimento sperato è possibile, mentre l’evento che ha prodotto la felicità è certo.
Gli studiosi di marketing sottolineano, proprio con riferimento all’analisi di questa emozione, la differenza tra possibilità e probabilità: il consumatore speranzoso è portato a giudicare un evento possibile anche se improbabile. Considerata l’importanza che riveste questa emozione nelle pratiche di marketing, non ci sorprende che in pubblicità si tenti di manipolare gli antecedenti cognitivi della speranza per indurre comportamenti di acquisto e di consumo.
In pubblicità, l’oggetto della speranza è, tipicamente, una promessa di realizzazione di uno stato favorevole o di interruzione di una situazione sfavorevole. L’azione sugli antecedenti cognitivi consente di esasperare queste due situazioni e quindi in rafforzare la speranza del cliente: a questo proposito gli studiosi di marketing hanno notato come le possibili strategie di comunicazione che inducono speranza agiscano proprio sulla desiderabilità del risultato, sull’importanza dello stesso, oppure sulla dimensione della certezza.
Con riferimento al primo antecedente alcune comunicazioni di marketing, tipicamente proposte nel periodo estivo, esaltano proprio la desiderabilità del risultato promettendo magari improbabili soluzioni a classici trade off: si pensi, ad esempio, ai corpi scolpiti esibiti per promuovere gli elettrostimolatori e la relativa promessa di un fisico tonico a fronte di alcun sacrificio. L’importanza del risultato viene, invece, enfatizzata da quelle campagne che, ad esempio, associano i benefici promessi ad una serie di valori terminali che rendono ancora più interessante e auspicabile il risultato atteso: la celebre pubblicità di Olio Cuore: “Mangiar bene per sentirsi in forma” enfatizza, anche attraverso l’indimenticabile “salto della staccionata”, la rilevanza dell’obiettivo “salute”.
Infine, la speranza può essere rafforzata lavorando sull’antecedente della certezza ossia, per usare un’espressione di alcuni studiosi, rendendo possibile l’impossibile. In questo particolare caso, i pubblicitari suggeriscono come certe conquiste, apparentemente difficili da raggiungere, siano in realtà a portata di mano. Tale strategia comunicazionale può essere attuata facendo leva sulle particolari caratteristiche del servizio, così come può essere il caso della la personalizzazione pedagogica dell’offerta CEPU in grado di facilitare il raggiungimento della laurea; oppure esaltando le possibilità del consumatore, come l’incitamento proposto dal pay off di Nike “Just do it”. La speranza del consumatore è allora uno stato emotivo auspicabile o è l’ultimo demone? E’ senz’altro auspicabile quando rende felicemente complici i product manager ed i clienti che sono alla ricerca di una soluzione. E’ invece l’ultimo demone quando alimenta le illusioni e ci rende sprovvedute vittime di penose truffe o della pubblicità menzognera. La speranza del consumatore è un’emozione subdola e ambigua, che richiede una gestione responsabile ed estremamente cauta da parte dei marketing manager.
Per saperne di più:
-
il libro di Isabella Soscia “Emozioni & Consumo” edito da Egea
-
il sito di Aorta, lo studio fotografico degli svedesi Marco Grizelj e Kristian Krän, autori delle immagini del servizio “Homecoming Queen” che accompagnano l’articolo
Lascia un commento