16
luglio 2012

THE MUSEUM OF ME

ovvero: come Intel, spettacolarizzando le nostre vite virtuali sui social network, sia riuscita a far decollare un'applicazione Facebook sfacciatamente emozionale
Posted by il 16 luglio 2012

Sarà perchè in questi giorni sto appassionandomi al lancio di una nuova applicazione Facebook per Novoceram, oppure perchè per il mio studio di interior design Gorgonia ho appena finito di progettare il museo aziendale di Villani S.p.A., fatto sta che non ho saputo resistere a The Museum of Me, la nuova applicazione studiata da Intel che trasforma la storia che ognuno di noi ha registrato giorno dopo giorno su Facebook in un esclusivo percorso museale personalizzato.
Certo negli interminabili 15 minuti durante i quali Intel divorava tutti, ma proprio tutti, i miei contenuti personali su Facebook la tentazione di neutralizzare il click con cui gli avevo scelleratamente dato in pasto un piatto così succulento ha fatto più volte capolino nella mia coscienza, ma la pazienza ha avuto la meglio sulla diffidenza, come da sempre trovo saggio che sia.

L’intuizione di Intel è in realtà molto semplice: teatralizzare il quotidiano immortalato nei nostri diari digitali trasformandolo in una esperienza emozionale capace di toccare le nostre corde più sensibili. E così finite le sue elebaorazioni, Intel mi ha dischiuso le porte di un museo molto particolare: quello in cui ha messo in scena tutto il mio mondo.

Il primo passo nel Museum of Me è la galleria con le foto dei miei amici:

Nella stanza successiva l’esposizione continua con le foto che ho caricato nei miei album Facebook:

E così, passo dopo passo, Intel riorganizza davanti ai miei occhi tutte le tesserine della mia vita che ho messo in rete…

Come in ogni operazione di marketing emozionale che si rispetti non manca una sorpresina finale: una installazione di Robotic Art composta da 4 bracci robotizzati che catturano le foto dei miei amici sospese nel vuoto per comporre un collage della mia faccia.

Personalmente inizio ad essermi un po’ assuefatto a questo tipo di viral ipertecnologici, ma posso comprendere molto bene le ragioni del successo di questa applicazione che ad oggi si è già conquistata 693,723 “Mi Piace” su Facebook  nonostante i suoi molteplici punti deboli, in primis l’impossibilità di salvare e condividere il video. “The Museum of Me” disegna infatti un’esperienza visiva interessante e l’idea di colmare un videoclip con feed grafici personalizzati, seppur già molto sfruttata in rete, continua ad essere ancora ipersorprendente per la maggior parte degli internauti. L’idea stessa poi di celebrare il sé (sintomatico questo Me maiuscolo nel titolo stesso dell’applicazione) riesce poi a centrare perfettamente il nuovo desiderio di protagonismo sempre più palpabile tra gli utenti del social network.

Dal mio punto di vista, anche se l’emozione è pochina (ma ammetto che la colonna sonora strappalacrime degna di uno spot Barilla degli anni ’90 ha messo in vibrazione qualche cordicina nascosta anche a me), è innegabilmente grande l’ammirazione per gli sviluppatori di un progetto grafico così visionario e articolato che mi ricorda che nel mondo digitale tutto, ma proprio tutto, è ormai possibile.

Musealize yourself!

Per saperne di più:

Francesco Catalano

Marketing manager per passione, interior designer per natura, blogger e autore per destino, vive tra un villaggio nel sud della Francia e l’Emilia Romagna. Direttore Marketing e Comunicazione di Novoceram, la più antica manifattura ceramica francese, studioso di marketing esperienziale e autore del primo libro sui Temporary Store. Accanto all’attività manageriale, svolge anche quella di interior designer nel suo studio dove applica i principi del marketing esperienziale alla progettazione di interni residenziali e commerciali. I suoi progetti hanno ottenuto numerosi premi e riconoscimenti internazionali, tra cui la prestigiosa Etoile dell’Observeur du Design.
www.francescocatalano.it

One Response to “THE MUSEUM OF ME”

  1. Leo

    Grazie, Francesco. Leggere con attenzione e calma questo post mi ha dato la misura esatta dell’esperienza « musealize yourself », come l’avessi vissuta personalmente.
    Incuriosito al principio, forse un po’ emozionato e intimorito al limite del « era meglio lasciar perdere » in itinere, infine mi spunta un sorriso quasi di sollievo (pant, pant! era tutto qui).
    Non credo quindi, a maggior ragione, di bissare questo sentire con il mio proprio museo, che tra l’altro sarebbe personalmente pochissimo rappresentativo, dal momento che ancora penso che FB sia e debba essere uno strumento e non uno specchio (o peggio, un’abitazione..)

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