Abbiamo già distinto, nel precedente post del glossario psicologico-psichiatrico, che cosa intendiamo per mente e per cervello. Un secondo chiarimento necessario riguarda la distinzione tra disturbo, malattia, sintomo, segno e sindrome.
DISTURBO
Indichiamo con il termine disturbo o disordine qualunque quadro clinico di sofferenza psichica che rappresenti un’entità medica definita, annoverata nelle classificazioni ufficiali di riferimento. Quando il disturbo deriva da un’alterazione anatomica dell’encefalo, macroscopica o microscopica, si parla di disturbo psichico organico, mentre quando esso si presenta in assenza di qualsiasi lesione organica a carico dell’encefalo, si parla di disturbo psichico funzionale.
DISTURBO PSICHICO ORGANICO
Qualsiasi disturbo psichico organico rivela l’avvenuto danneggiamento di una struttura encefalica deputata a svolgere una definita attività fisiologica. Per esempio, l’incapacità di comunicare verbalmente (afasia) rivela un disordine organico grossolano a carico dell’area della corteccia cerebrale deputata all’articolazione e alla comprensione del linguaggio, che è situata nell’emisfero sinistro. Disturbi organici più fini, quasi molecolari (per esempio, alterazioni concernenti le micro-strutture delle cellule nervose che elaborano e rilasciano i cosiddetti “neuro-trasmettitori chimici”) sono responsabili delle più frequenti e gravi malattie della sfera psichica, che sono denominate Psicosi.
MALATTIA
A differenza dei disturbi funzionali, i disturbi organici (non solo quelli psichici) rientrano nella grande categoria delle malattie o patologie: questo vocabolo – per analogia con le altre branche della medicina – riguarda infatti solo entità cliniche sostenute da alterazioni lesionali fisiche (dell’encefalo, ad esempio, nel caso delle psicosi). Molto frequentemente citate dai mass-media sono, per esempio, il Morbo di Alzheimer o la Malattia di Down (=Mongoloidismo/Trisomia 21).
DISTURBO PSICHICO FUNZIONALE
I disturbi psichici funzionali sono denominati anche disturbi psicogeni in quanto nascono all’interno della mente. A differenza dei disturbi organici, essi rappresentano, variazioni estreme o inusuali di attività normali dell’encefalo di ordine ideativo-valutativo-emozionale: le forme cliniche più frequenti e moleste di disturbi psicogeni risultano causate, per esempio, da prolungato ristagno nel proprio campo di coscienza di pensieri di segno negativo, da una impropria valutazione del proprio valore personale, da aspettative sproporzionate (non-realismo), da esperienze interiori di frustrazione, etc… e sono denominate Nevrosi. Come avevamo chiarito, le psicosi sono a tutti gli effetti malattie, in quanto espressioni di sofferenza organica encefalica, non le sono invece le nevrosi , in quanto espressioni di semplice disadattamento psicologico.
SINTOMO
Tutti i disturbi, siano essi organici o funzionali, si manifestano attraverso dei sintomi e/o dei segni. Etimologicamente, il termine sintomo significa avvenimento, evento, fatto nuovo, coincidenza. Nel linguaggio tecnico, rappresenta una sensazione soggettiva di cambiamento nel benessere personale (per esempio, un dolore o un’esperienza emozionale di intensità inusuale). Trattandosi di un vissuto soggettivo, non ne risulta possibile un’esatta misurazione, cosicché nella pratica clinica corrente si prendono in seria considerazione solamente quei sintomi che impongono limitazioni nella vita personale o inter-personale.
SEGNO
E’ chiamato segno invece, qualsiasi elemento psichico anomalo che venga rilevato da un osservatore esterno, come un medico o uno psicologo, e che, in quanto oggettivo, può essere misurato. Per comodità e per brevità, nel linguaggio clinico abituale, i due tipi di informazione – sintomi e segni – sono accomunati nel termine omni-comprensivo di “sintomi”. Alcuni segni possono essere rilevati con precisione solamente mediante ausili medici, come per esempio il martelletto neurologico di Dejerine (strumento per l’evocazione, la valutazione e lo studio dei riflessi muscolo-tendinei) o l’oftalmoscopio (apparecchio per l’esame del fondo dell’occhio, che – rappresentando un lembo periferico di tessuto nervoso – fornisce informazioni sulle condizioni di salute dell’encefalo).
SINDROME
Il termine sindrome, infine, designa un insieme preciso di sintomi insorti contemporaneamente, che costituisca un quadro clinico definito sebbene aspecifico, in quanto comune a due o più disturbi/malattie. I medici ricorrono a questa etichetta in almeno due situazioni:
- nelle fasi iniziali del rapporto clinico-terapeutico con nuovi pazienti, finché non sono stati raccolti tutti gli elementi indispensabili a formulare una diagnosi sicura (per esempio, di fronte ad un soggetto che si dichiara profeta e pretende di dare consigli a tutti, provvisoriamente il caso viene registrato come sindrome delirante)
- nell’eventualità della comparsa di segni/sintomi nuovi durante un trattamento quando conviene integrare la diagnosi basilare (per esempio quando si aggiunge l’etichetta di delirium nel corso di una malattia influenzate durante la quale il soggetto diventa confuso).
Per saperne di più:
- Il primo post del piccolo glossario di terminologia psicologico-psichiatrica dedicato a mente e cervello
- Il terzo post del piccolo glossario di terminologia psicologico-psichiatrica dedicato a nevrosi, psicosi e disturbi della personalità
- Il quarto post del piccolo glossario di terminologia psicologico-psichiatrica dedicato alle differenze tra psicologo, psichiatra e neurologo
- Il sito di Dain Fagerholm, da cui sono state tratte tutte le gif stereografiche che accompagnano questo post
salve sono la mamma di Simone affetto da sindrome di down.Simone presenta un grave ritatdo mentale con mancanza di linguaggio da quasi 6 anni prende il neuleptil e da 8 mesi anche il tavor. gli è stata diagnosticata una forma depressiva che va e viene .Le chiedo se ci sono alternative a questi farmaci visto che i benefici sono minimi ….la ringrazio di cuore Elena
Gentile Signora Elena, mi scuso per il ritardo col quale le rispondo. Per evidenti motivi deontologici, non ritengo corretto commentare la terapia del collega curante e tantomeno suggerire dei cambiamenti. Tuttavia, per la natura informativa di questo blog, le segnalo che la Propericiazina (Neuleptil) è un neurolettico minore, dotato di uno spiccato potenziale risocializzante, quindi indicato per i disturbi comportamentali, segnatamente a tipo di disassertività interpersonale, mentre il Lorazepam (Tavor) appartiene al gruppo dei tranquillanti; nessuno dei due farmaci esprime attività antidepressiva. Infine, se si tratta ancora di un bambino o di un ragazzo (lei non mi dice l’età di Simone), è buona norma inondare il paziente di vitamine, neurotrofici e acidi grassi omega-3, alimentarlo in modo corretto e sottoporlo ad un adeguato Trattamento Psicoterapeutico Cognitivo-Comportamentale. La saluto con tanti cordiali auguri.
chiaro conciso
La ringrazio sinceramente, perché la mia intenzione è stata sempre quella di divulgare in modo breve, ma preciso.
Buongiorno Dottore
Mio padre affetto da parkinson ha subito un infortunio per il quale era assicurato.
Al momento della denuncia di sinistro, la compagnia assicuratrice esclude il risarcimento in quanto secondo contratto non sono assicurabili le persone con sindrome organica cerebrale. Mi chiedo ma il Parkinson e’ una sindrome organica cerebrale?
Grazie